La mia intervista al corpo di ballo del San Carlo pubblicata su Danzaeffebi

Claudia D'Antonio
ph. Francesco Squeglia
http://www.danzaeffebi.com/aspettando-giselle-ne-parlano-alessandro-staiano-candida-sorrentino-sara-sancamillo-anna-chiara-amirante-annalina-nuzzo-e-salvatore-manzo-giovani-e-bravi-interpreti-del-corpo-di-ballo-del-san-ca/
Le prove di Giselle si susseguono in maniera serrata nelle due sale del terzo piano del Teatro San Carlo e io approfitto di alcune pause per scambiare idee e opinioni con i ballerini che affronteranno i ruoli principali. La conversazione ha inizio con Alessandro Staiano e poi prosegue con un gruppo di sue colleghe che ci raggiunge, ancora in tutù romantico, nel salottino.

Assegnazione di ruoli, sala prove, montaggio e pulizia. La mia intenzione è capire dai ragazzi quanto sia stato già fatto e quanto ci sia ancora da fare.

Alessandro, sei soddisfatto del tuo lavoro in sala? Parlami dei ruoli che ricopri.

Staiano: Stiamo lavorando davvero bene, sono contento. In questo balletto sono Albrecht nelle matinée, in coppia con Anna Chiara Amirante che interpreta invece  il ruolo Giselle. Si tratta di un compito molto impegnativo, perché è un personaggio che richiede una forte interpretazione e una mimica molto convincente. C’è un lavoro d’introspezione molto approfondito e, mentre nel primo atto Albrecht ancora resta secondario rispetto a Giselle, nell’atto bianco il suo ruolo diviene molto più importante e richiede grande preparazione.

In sala prove lavorate sia con il vostro maestro Lienz Chang che con Ljudmila Semenjaka e la sua assistente Natal’ja Vyskubenko. Cosa puoi dirci di questa esperienza?
Alessandro Staiano.
ph Federica Capo


Staiano: Lavorare con Ljudmila Semenjaka è un’esperienza straordinaria, è una persona serena e professionale e insieme al maestro Lienz prova ad insegnarci e a perfezionare sia la tecnica che l’interpretazione e la gestualità. L’aspetto mimico in questo balletto deve essere convincente, ma anche raffinato e delicato, deve mantenere una certa delicatezza senza esasperazioni.

Sei molto giovane e affronterai un pubblico esigente esibendoti in un balletto molto impegnativo. In che modo affronti e superi ansie e paure?

Staiano: Per fortuna non soffro di ansie da prestazione e sono molto sereno quando entro in scena. Anzi, salire sul palcoscenico mi carica ancora di più, perché riesco a trasformare l’ansia in energia positiva.

La difficile situazione che il teatro sta attraversando, le diatribe che riguardano la direzione ti colpiscono in qualche modo? Interferiscono in maniera negativa col tuo lavoro?

Staiano: Sicuramente sì, anche se fortunatamente sono a tal punto concentrato quando lavoro da non lasciarmi influenzare più di tanto. Tutto ciò che accade intorno di certo mi colpisce, ma cerco di tenere una distanza di sicurezza; se mi fossilizzassi su alcune cose e su alcuni discorsi entrerei in sala con uno spirito non idoneo rispetto a quello che devo fare. I problemi ci sono, ne sono consapevole, ma so pure che si risolvono solo se creiamo un vero gruppo.

Questo punto in particolare, l’esigenza di fare gruppo e di essere uniti, è un fatto su cui mi sembrate tutti d’accordo. Se davvero pensate tutti che sia necessario essere uniti e compatti ed essere come una squadra, mi chiedo perché ciò non avvenga. Se sentite l’esigenza di essere più in sintonia tra di voi, allora perché non lo fate? Perché non siete così compatti come invece è necessario che siate?

Staiano: Ci sono tante teste e quando proviamo a parlare basta che ci sia uno solo a farsi da parte e pensarla diversamente che poi si trascina altri dietro e allora siamo punto e da capo. A mio parere poi tante volte si discute anche di faccende che potrebbero essere evitate. Piuttosto penserei a far convergere tutte le energie nel lavoro, che poi è la nostra vera arma.

Il maestro Lienz riesce ad essere per voi anche una guida? A consigliarvi ed aiutarvi in un momento così difficile?

Staiano: Per quanto mi riguarda trovo in lui una persona meravigliosa, ci tiene ai giovani e fa di tutto per farci emergere. I risultati che stiamo raggiungendo non si vedevano da tanto tempo. Gestisce il tempo in maniera esemplare. Ad esempio per Giselle ci sono volute due settimane per montarlo e siamo in sala prove da molto tempo. Abbiamo avuto tutto il tempo per perfezionarci e per pulire.

Avete dunque a disposizione abbastanza tempo per sentirvi sicuri e raggiungere ottimi risultati. Quanto lavorate ogni giorno?

Staiano: Lavoriamo dalle dieci del mattino fino alle sedici e trenta.

A questo punto della conversazione ci raggiungono anche Candida Sorrentino, Sara Sancamillo, Anna Chiara Amirante e Annalina Nuzzo di ritorno dalle prove del secondo atto e io approfitto per affrontare con loro la questione dell’esiguo numero di balletti di repertorio proposti al San Carlo.

Cosa pensate del fatto che al Lirico vadano in scena due balletti classici di repertorio l’anno. Non credete che il pubblico se ne aspetti di più dalla fondazione?

Candida Sorrentino
ph F. Squeglia
Sorrentino: In realtà anche noi ne vorremmo di più. Purtroppo però sono questioni in cui non possiamo entrare e non possiamo farci niente. Sono contenta della presenza del contemporaneo, soprattutto negli enti lirici perché a mio parere è dove il contemporaneo si fa in un certo modo e raggiunge altissimi livelli. Poi è un ottimo mezzo per attirare pubblico e per rendere noi aperti ad ogni esperienza. Vorrei però più repertorio perché, anche se può suonare strano, per noi sarebbe “più comodo e più facile” raggiungere certi obbiettivi. Avere più produzioni di balletto classico ci consentirebbe di stare sempre in prova e di avere sempre la tecnica nelle gambe, in questo modo si tratterebbe di lavorare solo sulla pulizia e sul perfezionamento. Se invece abbiamo due produzioni intervallate da sei mesi non possiamo che ricominciare ogni volta da capo per ogni spettacolo.

Sancamillo: Il contemporaneo è ovvio che debba esserci, ma è importante che non finisca per sostituire la produzione classica. Facciamo due titoli di repertorio l’anno e per una compagnia di ente lirico sono pochi. Tutti noi facciamo una grandissima fatica a mantenerci in forma per arrivare poi pronti allo spettacolo dell’anno successivo.

Amirante: Siamo pochi per poter fare più repertorio. Cosa possiamo fare con venti ballerini? Come si fa a ricoprire tutti i ruoli che richiede un lavoro di repertorio?

Sorrentio: E’ anche vero però che per fare più balletto dobbiamo anche avere poi la possibilità di provare a lungo, perché se poi dobbiamo farne di più ma farli peggio, allora è sicuramente meglio di no. Non possiamo avere solo venti giorni di prove a disposizione, ma molto molto di più. Il problema è che spesso siamo impegnati con le presenze negli spettacoli d’opera e questo ci porta via tempo prezioso.

Tornando sul presente, come state lavorando per la Giselle che andrà in scena tra pochi giorni? Sentite di avere avuto giorni di prova a sufficienza?

Sancamillo: Stiamo lavorando benissimo e non accadeva da tanto tempo. Posso dire senza dubbio che un mese e mezzo di prove a disposizione non ci capitava dai tempi in cui abbiamo portato in scena il Don Chisciotte. Per il Corsaro invece abbiamo potuto lavorare solo le mattine perché il pomeriggio molti di noi erano impegnati con le prove per l’opera. Per fare un esempio: in questo periodo sono in programma contemporaneamente la preparazione di Giselle e quella della Turandot. Fortunatamente in quest’opera non ci sono momenti di ballo. Ma se fosse capitato il contrario avremmo dovuto dividere le nostre ore di lavoro tra le prove del balletto e quelle dell’opera e dunque per Giselle non avremmo avuto più di due ore e mezzo di prova al giorno. I tempi di preparazione si riducono notevolmente quando dobbiamo lavorare in più produzioni.

Sorrentino: Certo se avessimo almeno dieci persone in più potremmo fare entrambi benissimo.

Si crea forse un circolo vizioso: non ci sono abbastanza fondi per prendere più ballerini e con meno ballerini non si riesce a fare tanto quanto si vorrebbe fare.

Staiano: Infatti è proprio questo il problema, bisognerebbe semplicemente fare più recite. Dopo aver lavorato tanto, come nel caso di questa Giselle, perché farci fare solo sei serate?

Sancamillo: Di tutta la programmazione dell’anno scorso Lo Schiaccianoci è la rappresentazione che ha incassato di più. Se portassimo in scena più repertorio il teatro incasserebbe tanto. Pensa se facessimo il Lago dei Cigni che risposta avremmo dal pubblico… Abbiamo però bisogno non solo di più recite, ma anche e sopratutto di più prove, perché, aldilà del lavoro dei solisti, preparare il corpo di ballo è davvero un’impresa molto impegnativa che richiede tanto, tanto tempo a disposizione. Oggi che devo andare in scena con la Giselle mi sento sicuramente più serena grazie a i tempi di preparazione che abbiamo avuto, sono consapevole di quello che devo fare e poi per fortuna, nonostante tutti i problemi che possono esserci, il palcoscenico è sacro e quando entriamo in scena dimentichiamo tutto.

Di recente c’è stato un concorso per entrare nel corpo di ballo e questo ha portato un rinnovo quasi totale degli elementi. Quanto ha contribuito questo evento alla rinascita di cui parliamo?

Sancamillo: posso dire che prima c’erano delle gerarchie molto forti e per i più giovani era molto raro riuscire ad avere ruoli di un certo rilievo. Oggi che siamo quasi tutti ragazzi non esistono più limitazioni di alcun genere, siamo un bel gruppo e chi merita ricopre ruoli da solista. L’atmosfera è cambiata grazie al maestro e grazie alla rigenerazione totale del corpo di ballo.

Nuzzo: Qualche tempo fa se pure avessi meritato di ricoprire un certo ruolo avrei comunque avuto davanti a me almeno cinque primi ballerini che lo dovevano avere di diritto. Oggi per fortuna non è più così.

Ultimo in ordine di tempo a raggiungermi è stato Salvatore Manzo con cui mi sono intrattenuta a parlare del suo ruolo e delle sue sensazioni circa questo momento storico del San Carlo.

Salvatore a te è stato affidato un ruolo di grande responsabilità, brillante e impegnativo tecnicamente. Come lo affronti?

Salvatore Manzo
ph. F. Squeglia
Manzo: Ballo il pas de deux dei contadini e, nonostante le difficoltà tecniche che il ruolo richiede, sono molto orgoglioso e felice di danzarlo. Un pò di tensione e sicuramente grande emozione ci sono inevitabilmente, anche perché essendo nel primo cast, sarò in scena nelle recite in cui Svetlana Zakharova interpreterà Giselle. Spero che il grande lavoro svolto in sala prove sotto la guida del nostro maître possa essere riconosciuto poi in scena. Inoltre mi ritengo molto fortunato per aver avuto l’opportunità di preparare un tale ruolo di rilievo con Lyudmila Semeniaka.



Cosa manca nella programmazione di questo teatro dal tuo punto di vista di tersicoreo?

Manzo: Penso che se al San Carlo, giudicato il teatro più bello al mondo, ci fosse un maggior numero di produzioni di repertorio classico, sarebbe un evento positivo sia per noi tersicorei che per un pubblico amante del balletto che, a giudicare dalle vendite, è sempre e comunque molto vasto. Purtroppo non solo qui a Napoli, ma in tutta l’Italia, stiamo assistendo a un regresso nell’ambito delle compagnie relative ai vari enti lirici che a mano a mano stanno chiudendo. È un continuo lottare per far valere i propri diritti che, in quanto tali, ci dovrebbero spettare senza dover operare sforzo alcuno e questo è uno stress che si aggiunge al nostro lavoro quotidiano svolto all’interno del teatro. Certo, se ci fossero più produzioni non potremmo che esserne felici.

Tra i tuoi colleghi qualcuno è andato via concludendo una lunga carriera e qualcun altro è arrivato portando nuova linfa. Come hai vissuto questi cambiamenti?

Manzo: Come per tutte le cose esiste un ciclo quindi è giusto che anche la compagnia si rinnovi. La danza è un’arte che prevede l’utilizzo del corpo quindi avere forze giovani è sicuramente un pro per la compagnia. È comunque importante, se non fondamentale, poter imparare da chi ha maggiore esperienza perché, dal punto di vista artistico, ha tanto da trasmettere ai più giovani.

Dopo aver chiacchierato con alcuni dei ragazzi del corpo di ballo ho compreso quanto siano consapevoli di quest’epoca del riscatto: sono giovani e talentuosi, entusiasti e fiduciosi nell’operato del loro maestro. Un neo? Vorrebbero poter lavorare di più e questo perché il ballerino è completamente dedito a quello che fa, lavora in maniera appassionata e desidera fare sempre di più. Il ballerino è un perfezionista e, chiedendogli di dare il massimo nel minor tempo possibile, si rischia di demotivarlo e stressarlo in maniera controproducente.

Post popolari in questo blog

FEEL MY DANCE - al Teatro Viganò di Roma il 24 marzo

“Assolo”: performance di Luca Sivelli all’Accademia di Belle Arti di Catanzaro

Harry di Prisco nominato Vice Chargé de Presse