Dei delitti e delle pene, quanto è attuale il trattato di Cesare Beccaria
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Argomento ampiamente discusso nel '700, soprattutto dall’illuminista milanese Cesare Beccaria nel 1764, è la pena di morte, i crimini e la giustizia. Sono passati ben 260 anni da quando ne discusse ampiamente nella sua opera Dei delitti e delle pene e, nonostante la distanza notevole di tempo, è tutt’oggi un argomento attuale e discusso. Focalizzandosi maggiormente sul manoscritto, esso parlava e delineava un teorema generale per determinare l’utilità di una pena. È infatti molto interessante il pensiero di Beccaria: punire con la morte può sembrare efficace, ma è in realtà controproducente. Secondo una casistica, la morte non spaventa particolarmente il criminale che, invece, è molto più spaventato dalla perdita della propria libertà. La morte, per il condannato, può diventare paradossalmente una liberazione più che una effettiva punizione. Negli anni in cui venne steso lo scritto, la libertà di un individuo iniziava ad acquisire sempre più valore e anche il solo pensiero di esserne privati valeva da deterrente nel commettere crimini.
Oggi come allora l'idea di perdere la propria libertà paralizza ancor più della morte stessa che qualunque criminale mette in conto. Anche se è d’obbligo dire che rinchiudere l’incriminato spesso non è sufficiente, soprattutto in reati più gravi e poco comuni, tuttavia tale pena è diventata utile quale deterrente a chiarire nell’immaginario comune la relazione tra causa ed effetto ma, per essere efficace, deve essere proporzionata all’intensità del delitto commesso. A questo proposito Cesare Beccaria affermava che sarebbe stato inutile torturare il sospettato a scopo di estorcergli i suoi crimini perché, pur di vedere cessate le torture, avrebbe potuto affermare ogni cosa! Ma nel caso in cui il sospettato fosse stato colpevole e il suo crimine affermato, la tortura sarebbe stata eseguita con l’obiettivo del pentimento. Quale mezzo più convenzionale si preferisce sempre la pena del carcere, con più o meno anni in base alla gravità del reato. Di contro, per quanto possa essere un testo antico e ormai superato, la pena di morte è un argomento ancora molto attuale visto che in alcuni Stati ancora se ne fa utilizzo.
La tesi principale di Beccaria era che la pena dovesse essere proporzionata al crimine commesso e che il sistema giudiziario dovesse essere basato sulla certezza della pena piuttosto che sulla sua severità. Allo stesso modo la sanzione deve possedere due requisiti: la prontezza, ovvero la vicinanza temporale della pena al delitto e l'infallibilità, ovvero la certezza della risposta sanzionatoria da parte delle autorità.
Oggi sono 52 i Paesi che ancora attuano la pena di morte: i più importanti sono l’Afghanistan, l’Arabia Saudita, la Cina, la Corea del Nord, l’India, l’Indonesia, l’Iran, l’Iraq, il Pakistan, Singapore, la Thailandia ed il Vietnam in Asia; Egitto, Etipia, Gambia, Libia, Nigeria, Somalia, e Sudan in Africa, Stati Uniti in America; Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Quatar e Yemen in Medio Oriente. Stati e continenti evidentemente in disaccordo morale con la Legge italiana che invece prevede l’abolizione della pena di morte per tutti i reati, sia comuni che militari, come stabilito dall’articolo 27 della Costituzione italiana. Questo articolo è stato modificato nel 2007 per eliminare qualsiasi riferimento alla pena di morte, anche in caso di guerra.
Giulia Cremona