Non so perché danzo...

Non ho mai creduto nelle definizioni, non ho mai accettato l'idea di dare una risposta finita ad una domanda. Trovo avvilente la visione dicotomica della realtà e la necessità del binomio inscindibile "domanda/risposta". C'è qualcosa che non si può liquidare con un soggetto seguito dal verbo, c'è qualcosa dentro di me a tal punto confuso da non potere in  alcun modo accettare risposte grossolane...e le risposte apparente esaustive sono sempre grossolane.
Le domande "perché danzi?" o "cosa provi  mentre danzi?" mi hanno sempre lacerata fino a farmi sentire inadatta a questa forma di arte che non suscitava in me risposte e certezze. Vedevo in qualcuno la fluidità della convinzione,  in qualcun altro la temerietà dell'autostima, in qualcun altro ancora l'irrompere irrefrenabile di una motivazione pronta già da sempre. Io non sapevo e cercavo e provavo e scavavo dentro di me per ritrovare un perché,  una risposta a quelle domande.
Amo il palco o la sala prove? Amo le luci o l'ombra? Amo il pubblico o la solitudine? Il mio corpo danza o offende la danza? È per me o non lo è? Mi fa stare bene o male? Godo o soffro? Sarà giusto forzare a tutti i costi una disciplina che chiede la perfezione ad un corpo, su un corpo che perfetto non è?
È un amore incondizionato,  è un perché infinito che non accetta di essere costretto in una spiegazione, non so perché danzo, ma so che non potrei non danzare.

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