Ravello Lab 2025: Turismi&Culture per la rigenerazione dei luoghi





Tre giorni di confronto, oltre ottanta partecipanti e tre tavoli tematici.
Cultura, turismo e sviluppo sostenibile al centro della ventesima edizione del forum europeo: nelle prossime settimane i risultati confluiranno nelle Raccomandazioni al Governo e agli stakeholder pubblici e privati.

 

Si è conclusa la ventesima edizione di Ravello Lab – Colloqui Internazionali, il forum europeo su cultura e sviluppo promosso dal Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali, da Federculture e dalla Scuola nazionale del patrimonio e delle attività culturali, svoltosi a Villa Rufolo di Ravello dal 23 al 25 ottobre.

Il tema scelto per questa edizione, Turismi&Culture per la rigenerazione dei luoghi, ha guidato tre intense giornate di studio, approfondimento e progettualità condivisa. Anche quest’anno Ravello Lab si è confermato un laboratorio di idee e politiche per la cultura, capace di mettere in dialogo istituzioni, accademia, professionisti della cultura, operatori e amministratori pubblici.

La giornata centrale di venerdì 24 ottobre è stata dedicata ai tavoli di lavoro tematici, svoltisi a Villa Rufolo. I partecipanti si sono concentrati su tre aree chiave, confrontandosi sulle politiche culturali e le strategie di rigenerazione territoriale attraverso il turismo e le produzioni culturali.

Le riflessioni emerse dai tre tavoli saranno raccolte, come di consueto, nelle Raccomandazioni finali di Ravello Lab 2025, che verranno presentate nelle prossime settimane a Governo, enti territoriali e stakeholder pubblici e privati.

Fabio Pollice, Rettore dell’Università del Salento e chairman del panel “L’Italia dei piccoli borghi e delle aree interne, un patrimonio da riscoprire”.


La cultura – intesa nella sua più ampia accezione come patrimonio materiale e immateriale, saperi e sensibilità, identità collettiva, partecipazione civica, educazione e produzione creativa – può contribuire alla rigenerazione dei piccoli borghi e delle aree interne in modo duraturo solo se integrata in un progetto territoriale capace di coinvolgere i residenti e di attrarre nuovi abitanti in cerca di qualità dell’abitare, relazioni sociali solide e opportunità di crescita personale e professionale.

La rigenerazione culturale deve essere dunque diretta a migliorare la qualità della vita dei residenti e deve valorizzare le dinamiche relazionali proprie dei borghi, in quanto queste ultime ne costituiscono l’identità distintiva e la forza in grado di invertire i processi di spopolamento e vincere le condizioni di marginalità. La rigenerazione dei borghi non è un costo per il Paese, ma un’opportunità giacché consente di valorizzare dei presidi territoriali in grado di contribuire alla preservazione dei valori ambientali, culturali e paesaggistici dei nostri territori. Occorre dunque di utilizzare la cultura come dispositivo in grado di creare identità, coesione e convergenza strategica e attraverso di esse promuovere processi di sviluppo endogeno e autocentrato. Di qui le raccomandazioni che si compongono di indirizzi strategici e linee d’azione volte a fare dei borghi dei luoghi non solo di fruizione culturale, ma anche di produzione culturale a beneficio di residenti e turisti; iniziative volte a connetterli e metterli in rete per sviluppare sinergie territoriali e diffondere buone prassi; azioni dirette ad attrarre imprese e attività innovative attraverso il concorso delle Università; e, ancora, iniziative volte a sviluppare l’imprenditoria sociale sul modello delle cooperative di comunità a presidio degli interessi territoriali”.

Pierpaolo Forte, docente di Diritto Amministrativo all’Università del Sannio e chairman del panel “Produzioni culturali per le trasformazioni”

“Il tavolo  ha registrato significativi mutamenti nel lavoro complesso che si dedica alla produzione; innanzitutto, l’opera d’arte ha valori comuni ad ogni prodotto umano, di esistenza e di scambio, ma è portatrice di una peculiarità, il valore di generatività, e cioè di trasformazione, e ciò spiega la fondamentale condizione giuridica dell’autore, la libertà assoluta, che implica una immunità, espressamente riconosciuta nella Costituzione italiana, che va preservata perché è utile alla società, o per meglio dire alla condizione umana, alla sua natura evolutiva: la produzione culturale è uno dei motori del percorso dell’essere umano, e dunque delle trasformazioni del mondo.

E’ evidente, poi, la responsabilità di chi vi si dedica, e il rilievo di alcune figure professionali, in particolare quelle connesse alla direzione dei luoghi della cultura, ed alla curatela, non solo scarsamente disciplinate, ma anche difficili da inquadrare; per quanto si avverta diffusamente il bisogno di formazione, e siano necessarie tecniche di selezione per la individuazione e la preposizione di queste figure, è molto avvertita una sorta di solitudine dei direttori e dei curatori, chiamati, oggi, a condurre il delicato lavoro di esplorazione, selezione, mediazione, visione di sistema, in un tempo che sembra aver abbandonato alcune dinamiche tradizionali, in particolare l’apporto della critica, che, oggi, non si svolge nei canali che un tempo la rendevano indiscussa protagonista del dibattito culturale.

È perciò delicato il trattamento di questi luoghi sul piano della governance: per renderli istituzioni della trasformazione, gli indirizzi politici sono irrinunciabili, e vanno considerati, ma al contempo i decisori di governo devono avere consapevolezza della preziosa, speciale natura della produzione culturale, ed intervenire con delicatezza, e rispetto dell’autonomia non solo degli autori, ma anche di chi assume la responsabilità di mediare la presenza e l’azione sociale della produzione culturale, anche in ordine alla rendicontazione degli effetti e degli impatti, che non possono essere misurati solo in termini quantitativi, cedendo alla facile tentazione della tirannia dei numeri.

Nel nostro paese, una delle mete turistiche più desiderate al mondo, che perciò vede in quella turistica una vera industria a causa del suo impatto sulla ricchezza nazionale, non bisogna cadere nell’equivoco di considerare il lavoro sulla produzione culturale in funzione dei flussi turistici: esso è destinato al territorio, alle comunità, alle persone che vi vivono, e la eredità culturale che rende l’Italia così attrattiva, è stata contemporanea quando ognuno degli elementi di cui è composta è sorta, ed ogni riproposizione del Grand Tour deve tenere a mente quanto i suoi viaggiatori incontrassero, a quel tempo, moltissima produzione recente. La contemporaneità necessaria della produzione culturale risente perciò, inevitabilmente, del proprio tempo; e quello che ci tocca è enormemente transitivo, connotato dai cambiamenti, che si tratti di ambiente, clima, tecnologia, siamo immersi nelle transizioni. La produzione culturale, perciò, non è solo questione locale; l’arte non ha passaporto, è fenomeno globale, e sono importanti le istituzioni sovranazionali ed internazionali che, sempre più, se ne occupano, e bisogna dedicarvi attenzione. In particolare, la cultura è una delle alternative ai conflitti, e va ribadito che il dialogo internazionale culturale deve essere preservato, mantenendone aperti i canali anche in situazioni belliche”.

Marcello Minuti, Coordinatore generale della Scuola nazionale del patrimonio e delle attività culturali e chairman del panel “Le Capitali della Cultura: impatti e prospettive a dieci anni dalla loro istituzione”.


"Quest’anno è particolarmente significativo: ricorrono venti anni dall’istituzione della Capitale italiana della Cultura e quaranta dalla prima Capitale europea della Cultura, Atene 1985. In questo contesto, il panel che ho coordinato ha raccolto le esperienze di due Capitali europee della Cultura, otto Capitali italiane, tre città finaliste, oltre al contributo di progettisti culturali ed esperti italiani ed europei. Insieme, abbiamo cercato di dare risposte all’esigenza di rendere più duraturi gli effetti del percorso da Capitale.

È emersa anzitutto la necessità di considerare la Capitale della cultura non come un evento isolato, ma come un vero e proprio processo di trasformazione. Questo vuol dire ampliare la progettualità almeno ai due anni successivi e interrogarsi sulla sostenibilità delle iniziative nel tempo. Si è poi sottolineata l’importanza di una visione trasversale nell’elaborazione dei dossier di candidatura, in cui la cultura dialoghi con l’economia, l’educazione, il welfare, i trasporti. In questa prospettiva, diventa fondamentale costruire - e formalizzare nel dossier - alleanze territoriali solide tra istituzioni, terzo settore e imprese, affinché la candidatura si traduca in un impegno condiviso.

Un altro punto emerso con forza riguarda la comunicazione: la proposta è di richiedere all’interno del dossier la presenza di un piano di comunicazione. Serve raccontare meglio i risultati, coinvolgere la cittadinanza, destinare risorse specifiche alla valorizzazione delle esperienze e alla narrazione dei processi di cambiamento.

Si è inoltre evidenziata la necessità di definire un sistema nazionale di monitoraggio e valutazione degli impatti, che permetta di leggere in modo coerente e comparabile gli effetti di queste esperienze. E di spostare l’attenzione dei dossier dalla sola offerta alla produzione culturale radicata nel territorio.

Per rafforzare le capacità dei Comuni è stato suggerito di strutturare percorsi di assistenza tecnica e di accompagnamento sul modello di Cantiere Città, il percorso di capacity building con cui il Ministero della Cultura e la Scuola nazionale del patrimonio e delle attività culturali supportano le amministrazioni delle 10 città finaliste di ogni edizione del titolo.

Altro nodo cruciale riguarda i tempi: occorre pensare a un calendario più disteso, capace di favorire la costruzione di processi partecipati e sostenibili.

Infine, è stata avanzata la proposta di creare un grande database nazionale delle candidature: un archivio di idee, progetti e pratiche che raccolga l’esperienza di centinaia di città, un patrimonio comune accessibile e interrogabile con sistemi di IA. Ed è nata l’idea di coinvolgere i giovani in un Erasmus delle città culturali”.

La ventesima edizione di Ravello Lab ha confermato il valore del dialogo tra cultura, turismo e innovazione come leve strategiche per lo sviluppo sostenibile dei territori. Nel solco della sua tradizione, il forum si conferma un punto di riferimento per la riflessione sulle politiche culturali e sulla loro integrazione con le strategie di crescita locale.

Anche quest’anno Ravello Lab ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica e gode del patrocinio del Segretariato Generale del Consiglio d’Europa, dell’Università degli Studi di Salerno, della Conferenza delle Regioni, di ANCI, UPI, Provincia di Salerno, Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, Unioncamere.

Fondazione Changes è main sponsor della XX edizione di Ravello Lab. Gli altri sponsor dell’appuntamento sono PA Foundation, Intesa Sanpaolo, SEF Consulting.

L'evento è realizzato in collaborazione con il Comune di Ravello e Fondazione Ravello ed è sostenuto dalla Direzione generale Biblioteche e istituti culturali del Ministero della Cultura, Regione Campania, Camera di Commercio Salerno, Fondazione Banco di Napoli, Fondazione Brescia Musei.

Infine, sono media partner della rassegna Q&A Turismo Cultura & Arte, Agenzia di stampa Cult, Equilibri Magazine rivista dello sviluppo sostenibile.


M.B.

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