Gouvernementalité: dalla morale degli afflitti alla storia della follia, come nasce il potere sul corpo

Hieronymus Bosch - Estrazione della pietra della follia


Il potere. La forza che dall’esterno agisce sugli uomini devastandone la natura e alterandone i tratti distintivi e la stessa intensità con la quale spinge dall’interno, urlando, il diritto che ogni individuo ha di essere se stesso libero dalle coercizioni esterne è il filo, che ancora una volta, collega la filosofia di Michel Foucault al mondo di Friedrich Nietzsche e che trova il suo punto di origine nel motto “come si diventa ciò che si è”- il sottotitolo di Ecce homo- come e dove si trova il coraggio di costruire se stessi a partire dalla messa a fuoco del proprio scopo.

L’ interesse che Foucault provò leggendo le Considerazioni Inattuali fu a tal punto profondo da dare il via ad un nuovo percorso di studi e approfondimenti che sarebbe durato tutta la vita: i luoghi in cui si nasconde il potere e il modo in cui influenza, soffocandola, la natura umana. Il sapere aude che ebbe inizio con Immanuel Kant due secoli prima e che aveva tanto affascinato Friedrich Nietzsche ancora persisteva, ancora faceva sentire il suo impeto tanto da diventare la musa ispiratrice della ricerca foucaultiana “sous le soleil de la grande recherche nietzschéenne”1. Nel 1953, dunque, è databile la svolta decisiva nella vita di Foucault, l’ aver intravisto seppure solo dal buco della serratura che la natura umana è costretta in un piccolo nascondiglio dal quale innumerevoli forze esterne fanno in modo che non esca, o meglio, che non avverta neanche il desiderio di uscire farebbe giungere chiunque ad un punto di non ritorno. Vista così, abbracciata questa prospettiva, non si può fare a meno che avvertire il vuoto sotto i piedi, il nulla che circonda, la mancanza di una direzione e di una meta finale, tutti fattori che paralizzano e che allo stesso tempo danno il via libera ad una serie infinita di domande circa il proprio destino perché vivo? Quale lezione debbo trarre dalle vita? Come sono diventato qual sono e perché soffro di questo esser-così? Si tormenta:e vede che nessuno si tormenta così2. Nella sua prima opera, La nascita della tragedia, accolta tutt’altro che positivamente dall’ambiente letterario e dai suoi stessi colleghi universitari, Nietzsche sviluppa una nuova teoria, ossia il duplice carattere della natura umana : apollineo e dionisiaco, razionale e riflessiva la prima, passionale e istintiva la seconda. La combinazione di questi opposti elementi che infondo dimostrano, a detta del filosofo tedesco, il loro essere complementari è rintracciabile nella Grecia attica e nella struttura fissa che caratterizzava la tragedia. La loro alternanza nel dispiegarsi della natura umana e la loro pacifica convivenza presso i greci dell’era presocratica suscita, in Nietzsche come in Foucault, l’irrefrenabile voglia di scoprire chi e perché ha osato soffocare la natura, l’istinto, la fierezza dell’uomo di essere tale.



Così come nei lavori nietzscheani, da La nascita della tragedia a le Considerazioni Inattuali fino ai lavori successivi quali Genealogia della morale e l’Anticristo, pure negli studi di Foucault si respira l’accanimento di chi vuole a tutti costi sapere cosa sia accaduto all’uomo e alla sua consapevolezza di essere così com’è, quali meccanismi e quali interessi si siano messi in gioco attuando una serie di perversioni e alterazioni della vita e del diritto di viverla liberamente secondo la propria inimitabile natura. La risposta a questi quesiti giunse presto in entrambi i casi e dalla consapevolezza che ne derivò scaturì il furore col quale i due filosofi portarono avanti la loro missione di liberazione dell’uomo, tale risposta fu appunto il potere, quello dell’uomo sull’uomo: quello che genera, e garantisce allo stesso tempo, il controllo. Di certo non è difficile immaginare la diversità degli ambiti in cui poterono lavorare i due studiosi in questione, dovuta senza alcun dubbio all’epoca in cui vivevano e al differente fervore letterario che caratterizzava il contesto di entrambi. Per Nietzsche fu una condanna contro se stesso, la sua esaltazione della Grecia tragica e la condanna sferrata all’età socratica, seguite poi dall’accusa senza riserve del Cristianesimo come morale degli afflitti, gli assicurarono l’allontanamento dall’ambiente universitario e un alto grado di solitudine, che spesso fingeva di aver scelto, pur essendo consapevole che si trattasse di un’inevitabile conseguenza della sua missione, a tal proposito scriveva: “Nessuno conversa con me oltre a me stesso e la mia voce mi giunge come quella di un uomo che muore”.

Per quanto riguarda Foucault, avendo vissuto la seconda metà del XX secolo, ha potuto di certo godere di una libertà di espressione che al suo ispiratore fu in qualche modo negata, seppure non apertamente, dall’ambiente che lo circondava. Gli anni in cui lavora Foucault sono sicuramente caratterizzati da una maggiore libertà sia in ambito sociale che letterario e ciò fa sì che i suoi scritti si diffondano in modo più fluido, sono infatti gli anni delle rivolte studentesche del 1968 e mai come allora si poteva parlare di forze coercitive3.

Nel 1961 Michel Foucault scrive la prefazione all’edizione di quello stesso anno di Storia della follia in cui rende manifesta la ragione dei suoi studi in tale direzione. “Fare la storia della follia vorrà dire: fare uno studio strutturale dell’insieme storico (nozioni, istituzioni, misure giuridiche e poliziesche, concetti scientifici) che tiene prigioniera una follia il cui stato selvaggio non può mai essere reso in sé; ma, a scapito di questa inaccessibile purezza primitiva, lo studio strutturale deve risalire alla decisione che lega e separa al tempo stesso ragione e follia”4.

Tony Robert-FleuryPinel, médecin en chef de la Salpêtrière en 1795

Il caso che prende in esame è , nello specifico, il folle e l’evoluzione dell’opposizione tra sano di mente, dunque la ragione, e malato, ossia la follia. La sua analisi si prefissa come scopo la comprensione degli eventi che si sono succeduti e che hanno fatto si che si creasse un baratro, un vuoto incolmabile tra due specie di individui ora agli antipodi, ma che fino a pochi secoli prima convivevano pacificamente. Quando e perché si è deciso di isolare non solo il folle, ma di ripudiare e di mettere a distanza qualunque caratteristica che nell’uomo sano facesse pensare ad una devianza e soprattutto quando si è stabilito cosa fosse la follia.

Bisogna fare la storia di quest’altra forma di follia – di questa forma attraverso la quale gli uomini, nel gesto di sovrana ragione che rinchiude il loro vicino, comunicano e si riconoscono nel linguaggio spietato della non follia; ritrovare il momento di questa congiura, prima che essa non sia stata definitivamente fissata nel regno della verità, prima che essa non sia stata rianimata dal lirismo della protesta. Cercare di raggiungere, nella storia, questo grado zero della storia della follia, dove essa è esperienza indifferenziata, esperienza non ancora condivisa della divisione stessa”5. Il lavoro di Foucault si concentra sui giochi di potere sempre in atto, sulle relazioni e i ruoli che da essi scaturiscono e sulle verità che producono, verità alle quali ci si abitua e che si radicano talmente tanto nella natura umana da divenire parte di essa, fino a non essere più in grado di stilarne una rintracciabilità. Ancora nella prefazione al suo lavoro egli dichiara la volontà e la necessità di “fare una storia dei limiti, di questi gesti oscuri, necessariamente dimenticati non appena compiuti, con i quali una cultura rifiuta qualche cosa che sarà per essa l’Esterno; e, nel corso della sua storia, questo vuoto scavato, questo spazio bianco attraverso il quale essa si isola la designa quanto i suoi valori”6.

Se nella prefazione appena citata dichiara di voler affrontare la storia della follia, in seguito però il suo studio si approfondirà in tutti gli ambiti che riguardano il governo e a tal proposito conia il neologismo gouvernementalité , ossia le forme di governo e quindi di gestione delle persone che, secondo le sue ricerche, vedono la propria sistematica organizzazione a partire dal XVI secolo. Il problema del governo investe vari campi “per esempio, esiste il problema del governo di se stessi” che rimanda al filone stoico e alla gestione della propria persona, “ma un altro problema riguarda il governo delle anime e della condotta, al centro della pastorale cattolica e protestante. Inoltre, il problema del governo dei bambini diventa centrale nella pedagogia che nasce e si sviluppa durante il XVI secolo. Da ultimo, c’è il problema del governo degli stati da parte dei principi”7. Dunque una vera e propria struttura si delinea nel XVI secolo che dichiara apertamente di avere uno scopo ben preciso individuabile nella totale e sistematica gestione della gente, che sia essa attuata dallo stato, dalla scuola, dal medico, dalla famiglia. Questa la teoria che Foucault mette in piedi e che scardina dal basso sia il mondo politico che le relazioni sociali, ovvero, esiste una ragnatela di forze che interagiscono creando dei ruoli, delle resistenze e delle risultanti ad ogni livello della sfera sociale, sia consapevolmente che non. Colui che – secondo il fondatore di tale teoria dei giochi di potere – diviene cosciente di questo meccanismo conquista la possibilità di rovesciare i ruoli, qualora fosse possibile, e far valere le proprie regole e la propria natura. Questo rapporto che esiste da sempre tra gli uomini comuni e tra il cittadino e lo Stato è un rapporto per forza di cose simmetrico, ossia l’ agire di uno influenzerà inevitabilmente quello dell’altro e viceversa, anche se “in nessun posto possiamo essere liberi da ogni rapporto di potere […] abbiamo sempre la possibilità di cambiare la situazione […] siamo sempre liberi. Insomma, esiste sempre la possibilità di cambiare le cose”8. Questo potere che si esercita sull’uomo genera inevitabilmente e spontaneamente una “resistenza”, parola chiave per Foucault, in quanto antecedente e superiore al gioco di forze che caratterizza tale processo dinamico.

Tuttavia, ciò che egli tiene a sottolineare è il carattere di reciproca partecipazione ai suddetti giochi da cui deve scaturire la consapevolezza dell’inevitabilità di tali relazioni, a tale riguardo in un’ intervista del 1984, dichiara di non considerare il potere, alla stregua di Sartre, come il male. “Il potere non è il male. Il potere significa giochi strategici. […] Prendiamo, per esempio, le relazioni sessuali o d’ amore: esercitare il potere sull’ altro, in una specie di gioco strategico aperto, in cui le cose potranno essere ribaltate, non è il male; fa parte dell’ amore, della passione, del piacere sessuale” e ancora, orientando l’ obiettivo verso altre situazioni altrettanto quotidiane, come per esempio la scuola, Foucault osserva che non c’ è niente di male “nella pratica per cui, in un dato gioco di verità, qualcuno che ne sa più di un altro dice a quest’ ultimo quello che bisogna fare, insegna, gli trasmette un sapere, gli comunica delle tecniche”9.

Ciò che Foucault sostiene essere necessario all’ interno dei giochi di potere e delle tecniche di governamentalità è la consapevolezza, la partecipazione attiva a tali pratiche, la scelta di contro alla passiva rassegnazione. Il cardine attorno a cui deve ruotare questo ormai naturale meccanismo10 è il sapere, ossia, sapere come governare e come essere governati, come governare l’ altro e da chi accettare di essere governati, il problema – spiega Foucault - è sapere come in queste pratiche – in cui il potere non può non esistere e in cui non è cattivo in sé – sia possibile evitare gli effetti di dominio che fanno sì che si possa essere sottomessi all’ autorità arbitraria e inutile di qualcheduno, in poche parole, all’interno di questo gioco di forze è necessario tutelare sempre la propria libertà e la propria autenticità.

Dopo aver affrontato il problema dei giochi di verità all’ interno delle relazioni di potere, e, dunque la constatazione della potenza crescente degli stati territoriali conseguente al frantumarsi del mondo feudale del XVI secolo e l’approfondimento delle tecniche punitive, quali la nascita della polizia e delle prigioni col fine di controllare e punire il criminale, Foucault concentra la sua attenzione sui giochi di verità di sé con se stesso e “la costituzione di sé come soggetto, prendendo come punto di riferimento e campo d’indagine quella che si potrebbe chiamare la storia dell’uomo di desiderio”11.

La tematica che lo assilla e che ancora risuona dell’eco nietzscheana è il perché di tanta preoccupazione da parte delle istituzioni, soprattutto ecclesiastiche, intorno al problema del vivere liberamente la propria sessualità, la propria natura inevitabilmente connessa ai piaceri della carne, “perché il comportamento sessuale, le attività e i piaceri che ne dipendono, costituiscono l’ oggetto di una preoccupazione morale? Perché questo assillo etico, che, almeno in certi momenti, in determinate società o gruppi, appare più importante dell’ attenzione morale che si porta ad altri campi pure essenziali della vita individuale o collettiva, come i comportamenti alimentari o il compimento dei doveri civici?”12. La risposta è sempre la medesima : il controllo, il potere, il governo dell’ uomo sull’ uomo.

Di certo però, osserva Foucault, sarebbe riduttivo e cieco addossare unicamente al cristianesimo le colpe del soffocamento degli istinti carnali nell’uomo, in effetti esiste tutta una letteratura precedente l’arrivo dei cristiani nei territori dell’Impero romano, che testimonia la presenza di codici morali atti a controllare e vietare tutta una serie di pratiche inerenti la sfera sessuale. Scritti di autori pagani narrano che, ad esempio, i rapporti tra persone dello stesso sesso erano proibiti, che vigeva una certa regola riguardo la monogamia procreatrice e non per ultima l’ esaltazione dell’astinenza. Tutto ciò fa comprendere che il cristianesimo, piuttosto che imporre precetti morali, abbia aderito a quelli già esistenti e diffusisi all’ interno dell’Impero e abbia fondato nuovi meccanismi di potere, nuove tecniche di controllo quali il sentimento della colpa, l’invenzione del purgatorio e dell’inferno e il sacramento della confessione13.

All’interno di questa griglia di regole da rispettare per mantenere intatti gli equilibri, Foucault riconosce l’ importanza delle pratiche di libertà da non confondersi però con la liberazione di se stessi. Credere che le due cose siano intercambiabili vuol dire pure essere ingenuamente convinti che basterebbe “far saltare i chiavistelli repressivi perché l’ uomo si riconcili con se stesso, ritrovi la sua natura o riprenda contatto con la sua origine e restauri un rapporto pieno e positivo con se stesso”14. Per mettere in atto le pratiche di libertà bisogna che l’ individuo prenda ad esempio il mondo antico così com’era presso i Greci, i quali sostenevano che fosse necessario prendersi cura di sé “e questo al fine di conoscersi – ecco l’aspetto familiare del γνωθι σαυτόν – e al fine di formarsi, di andare oltre se stessi, per padroneggiare dentro di sé gli appetiti che altrimenti rischierebbero di prendere il sopravvento. […]Nell’Antichità, l’ etica in quanto pratica riflessa della libertà ha ruotato intorno all’ imperativo fondamentale abbi cura di te stesso15.

Ecco dunque delineato ciò che Foucault ha dato alla luce in seguito alle letture nietzscheane, le pratiche di libertà del sé che fanno in modo di non far soccombere gli individui ai giochi di potere in cui si trovano invischiati a scapito della propria natura.

Tale argomento che al filosofo tedesco stava a dir poco a cuore ebbe il suo inizio in età giovanile e per la precisione fu il perno del suo primo lavoro: La nascita della tragedia (1872). In una introduzione a tale opera, scritta però sedici anni dopo , Nietzsche rivendica l’ importanza della convivenza nell’uomo di due forze opposte che devono, necessariamente, essere lasciate libere di esprimersi, esse sono, come già accennato prima, l’apollineo e il dionisiaco. Cosa sradicò Dioniso dall’animo degli uomini, è piuttosto facile intuirlo, fu il cristianesimo, e chi altri se non il suo odio contro il mondo “la maledizione delle passioni, la paura della bellezza e della sensualità […], un segno di profondissima malattia, stanchezza, di malessere, esaurimento, impoverimento di vita; giacché di fronte alla morale […] la vita deve avere costantemente e inevitabilmente torto. […] Contro la morale si volse dunque allora, con questo libro problematico, il mio istinto, come un istinto che parla in favore della vita, e inventò una sistematica controdottrina e contro valutazione della vita, una valutazione puramente artistica, una valutazione anticristiana. Come chiamarla? […] con il nome di un dio greco: la chiamai la valutazione dionisiaca” 16. Questo testo, a detta del suo stesso autore, è sia l’ esplicazione di come i Greci abbiano superato il pessimismo, ovvero attraverso la tragedia e la contemporaneità di Apollo e Dioniso, della ragione e della passione, sia il riconoscimento di Socrate come décadent.

Fin dall’ inizio Nietzsche accusa la razionalità del filosofo greco di essere una minaccia che mina la vita, di essere in definitiva la reale causa della caduta del genere umano dopo la grandezza fiera e festosa dei riti dionisiaci che sono il vero sì alla vita. Il giovane Nietzsche è l’unico a pensare che non bisogna parlare di ottimismo contra pessimismo, bensì dell’opposto, “da una parte l’istinto degenerante che si rivolta contro la vita con rancore sotterraneo (-il cristianesimo, la filosofia di Schopenhauer, in un certo senso già la filosofia di Platone, tutto l’idealismo ne sono forme tipiche -), e dall’altra una formula dell’affermazione suprema […]un dire sì senza riserve, al dolore stesso, alla colpa stessa, a tutto ciò che l’esistenza ha di problematico e di ignoto”17. L’inno alla vita e al suo essere così com’è senza riserve è il filo conduttore della teoria di Nietzsche in tutti i suoi lavori, anche se in questo testo riecheggiano ancora toni romantici che perderà e rinnegherà negli anni a venire. La teoria esposta in queste pagine andava contro tutto quanto gli intellettuali, non solo del suo tempo, avevano da sempre condiviso, ossia la grandezza e il merito di Socrate e di Platone di aver esortato alla riflessione, alla razionalità. Contrariamente a tutto ciò Nietzsche sostiene che piuttosto la decadenza dell’umanità, e nella fattispecie della grecità, giunse allorquando gli uomini abbandonarono il pessimismo per aderire alla morale, alla dialettica socratica e soprattutto alla moderazione. Seppure avverta nel cristianesimo il pericolo più imminente che minaccia la libertà non è questa la sede in cui decide di attaccarlo piuttosto, commenta nel capitolo di Ecce homo dedicato a La nascita della tragedia, che “chi non solo comprende la parola dionisiaco, ma comprende se stesso nella parola dionisiaco, non ha bisogno di confutare Platone o il cristianesimo o Schopenhauer – fiuta la putrefazione…18. Il tono che adopera quando scrive Ecce homo è di certo più maturo e in grado di cogliere lo spirito di speranza che animava il suo primo lavoro, l’ intento è sempre quello di rinnovare l’ umanità, di farla aderire quanto più possibile alla sua natura affinché si possa amare se stessi e la vita qualora “un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: ‹questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te […]› ”19.

1 Michel Foucault, Storia della follia, Rizzoli, Milano 1963, p. 13.

2 Cfr Nietzsche.

3 Cfr. James Miller, La passione di Michel Foucault, Longanesi, Milano 1994.

4 Michel Foucault, L’ uso dei piaceri. Storia della sessualità 2, Feltrinelli, Milano 1998 pp. 9 – 37.

5 Ivi, p. 9.

6 Ivi, p. 10.

7 Michel Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione, Feltrinelli, Milano 2005, p. 71 .

8 Michel Foucault, an Interview: Sex, Power and the Politics of Identity (intervista con B. Gallagher e A. Wilson, Toronto, Giugno 1982); tr. it. in Archivio Foucault 3.

9 L’éthique du souci de soi comme pratique de la liberté (intervista con H. Becker, R. Fornet-Bétancourt e A. Gomez-Müller, 20 Gennaio 1984) ; tr. it. in Archivio Foucault 3.

10 L’ ossimoro naturale meccanismo è utilizzato in questo contesto per evidenziare quanto talune pratiche, arbitrarie e artificiali, penetrino a tal punto nel quotidiano da essere considerate, erroneamente, naturali pur avendo la loro origine in meccanismi strategici.

11 Michel Foucault, L’ uso dei piaceri. Storia della sessualità 2, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 9 – 37.

12 Ibidem.

13 Cfr. Michel Foucault, L’uso dei piaceri, Storia della sessualità 2, Feltrinelli, Milano 2008, Introduzione.

14 Michel Foucault, L’éthique du souci de soi comme pratique de la liberté.

15 Ibidem.

16 Friedrich Nietzsche, La nascita della tragedia, Adelphi, Milano 2007, pp. 10-11.

17 Friedrich Nietzsche, Ecce homo, Adelphi, Milano 1996, p. 69.

18 Ivi, p. 70.

19 Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, 341.

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