Fragilità e innovazione: la sfida della danza contemporanea italiana nello scenario europeo
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Tra poetiche del corpo, estetiche del movimento e modelli istituzionali: un confronto con le esperienze nord-europee e le nuove dinamiche di internazionalizzazione
Negli ultimi decenni, e con particolare intensità negli ultimi anni, la danza contemporanea europea ha conosciuto un processo di trasformazione che ne ha ridefinito i presupposti estetici, metodologici e istituzionali configurandosi come un campo artistico complesso, capace di integrare prospettive interdisciplinari e di porsi in dialogo critico con le trasformazioni politiche, sociali e culturali del continente.
Uno degli aspetti centrali di questo sviluppo risiede nella differenziazione geografica e culturale delle pratiche coreutiche. Mentre la scena nord-europea (con particolare riferimento a paesi come Germania, Belgio, Paesi Bassi e Scandinavia) si è caratterizzata per una forte spinta sperimentale, l’Italia ha seguito un percorso più frammentato, segnato da dinamiche istituzionali, economiche e culturali differenti.
Nel Nord Europa, la danza contemporanea si è consolidata come linguaggio autonomo già dagli anni Ottanta, sostenuta da politiche culturali lungimiranti e da un sistema di finanziamenti pubblici che ha permesso a numerosi artisti di sviluppare poetiche radicali e innovative. La generazione più recente di coreografi e coreografe, come Mette Ingvartsen (Danimarca), Eszter Salamon (Ungheria/Francia), Jefta van Dinther (Paesi Bassi/Svezia) e Ligia Lewis (Repubblica Dominicana/USA, attiva in Germania), ha ulteriormente ampliato i confini del linguaggio coreografico, intrecciando danza, performance art e riflessione critica sul corpo come luogo politico. Festival come l’Impulstanz di Vienna, il Kunstenfestivaldesarts di Bruxelles e la rete delle Tanzhäuser tedeschi hanno svolto un ruolo decisivo nel consolidare una scena internazionale, in cui le pratiche coreografiche nord-europee hanno esercitato un’influenza determinante.
In Italia, al contrario, la danza contemporanea ha faticato a trovare uno spazio istituzionale paragonabile. Pur vantando figure di rilievo, il settore è stato spesso marginalizzato all’interno delle politiche culturali nazionali, che hanno privilegiato la tradizione lirica e la danza accademica. Coreografi e coreografe come Roberto Zappalà, Enzo Cosimi, Virgilio Sieni, Silvia Gribaudi, Roberto Castellucci, Simona Bucci, Emma Cianchi, Gabriella Stazio e Michele Merola hanno contribuito a consolidare una scena di riferimento, aprendo percorsi originali che intrecciano ricerca sul corpo, riflessione sulla comunità e contaminazione con altri linguaggi artistici. Parallelamente, una nuova generazione di autori e autrici – tra cui Diego Tortelli, Roberta Ferrara, Natalia Vallebona, Nyko Piscopo, Ezio Schiavulli ed Adriano Bolognino – si sta affermando con pratiche che pongono al centro la poetica del corpo, l’estetica del movimento e la valorizzazione del gesto danzato e virtuoso, senza trascurare l’attenzione a tematiche sociali e la ricerca in campo musicale, declinate in modi differenti e capaci di dialogare con la tradizione come con le ricerche più innovative.
In sintesi, se la danza contemporanea nord-europea tende a distinguersi per la sua radicalità sperimentale, sostenuta da un sistema istituzionale solido e da un forte orientamento internazionale, quella italiana si caratterizza per un percorso più fragile ma anche più eterogeneo, in cui la mancanza di strutture stabili ha favorito modalità creative diversificate. La coesistenza tra figure consolidate e una generazione emergente di coreografi e coreografe testimonia un rinnovato dinamismo che lascia intravedere un progressivo rafforzamento dell’identità italiana all’interno del panorama europeo.
Un aspetto di rilievo riguarda la crescente presenza dei coreografi italiani sulla scena internazionale: progetti come Italia Danza di Aterballetto promuovono micro-coreografie presso istituti culturali italiani all’estero, toccando città quali Sofia, Cologne, Oslo e Madrid. Iniziative come NU.DA. Live! (Movimento Danza) favoriscono invece l’internazionalizzazione dei giovani coreografi under 35 attraverso collaborazioni europee, ad esempio con Croazia e Georgia. Anche compagnie come Cornelia, fondata da Nyko Piscopo, portano le proprie creazioni in festival e teatri nazionali e internazionali, da Brighton a Barcellona, fino a streaming in New York, Londra, Belgrado, Svezia e Iran. Parallelamente, Roberta Ferrara e la sua compagnia Equilibrio Dinamico hanno costruito un percorso internazionale rilevante: i loro lavori sono stati ospitati in teatri e festival in Italia, Messico, USA, Albania, Kosovo, Belgio, Germania, Romania, Singapore, India, Giappone, Corea, Brasile e Cina.
In questo contesto di internazionalizzazione si inserisce anche il lavoro di ArtGarage Dance Company, attiva dal 2009 a Pozzuoli sotto la direzione di Emma Cianchi, che ha presentato i propri spettacoli in Francia, Polonia, Spagna, Grecia, Portogallo, Germania e Stati Uniti. Nel 2024 la compagnia ha debuttato al prestigioso Jacobs Pillow Festival con Il mare che ci unisce, unica presenza italiana in cartellone.
Quando la qualità delle produzioni italiane è sostenuta da una programmazione internazionale visibile e coerente – come in questi esempi – si rafforza la percezione di una danza contemporanea italiana credibile e in grado di competere su scala europea e globale. Tuttavia, rimangono criticità strutturali tali da rendere ancora difficile un dialogo paritario con il modello nord-europeo: in assenza di politiche di sistema, reti istituzionali stabili e sostegni strutturati, occorre continuare a investire in collaborazioni strategiche e circuiti di vera internazionalizzazione. Le criticità riguardano soprattutto la fragilità del sistema produttivo, la scarsità di politiche culturali strutturate e l’assenza di circuiti istituzionali stabili. Solo la capacità di consolidare e sviluppare politiche di sostegno alla creazione e valorizzare la pluralità delle poetiche rappresenta la sfida cruciale per il futuro della danza contemporanea italiana nel panorama internazionale.
Manuela Barbato