Alla Fonderia approda la coreografa Emma Cianchi con le sue geografie del corpo e memorie del mito.
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Pearl Hubert, Maria Anzivino, Gaia Mentoglio e Tonia Laterza |
Nel panorama della danza contemporanea italiana, Emma Cianchi si distingue come una voce capace di trasformare il movimento in geografia emotiva, in rito, in materia viva. La sua ricerca non si limita alla costruzione di un linguaggio coreografico, ma è un atto di attraversamento, un dialogo costante tra il corpo, il territorio, la memoria, la storia.
Dirigendo il Centro di Alta Formazione ArtGarage, Cianchi abita costantemente al confine tra l'arte e il territorio, il gesto e la sua eco, elaborando un sistema poetico in cui danza, installazione, suono e immagine convergono come fiumi che confluiscono nella stessa foce per dare poi vita a un mare di connessioni con il passato mediante una danza potente e a volte furiosa.
Il corpo come archivio pulsante
Per Emma Cianchi il corpo non è un mero strumento esecutivo, ma un archivio vivo, una soglia in cui restano imperiture memorie ancestrali, rituali primordiali sotterranei, frammenti di mito. La danza diviene quindi il luogo in cui questi strati del subconscio si mescolano e riaffiorano come reperti archeologici che respirano sotto la sabbia e riprendono vita grazie a un lavoro di scavo e di recupero. Nel suo lavoro lo spazio non è mai neutro, è piuttosto una presenza capace di modificare i corpi che lo attraversano: che si tratti di un sito archeologico, di un teatro o di un luogo naturale - bosco, lungolago, spiaggia -, esso diventa un interlocutore attivo, come se orientasse flussi, accogliesse tensioni, imponesse pause, suggerisse traiettorie. L'atto coreografico nasce quindi da un atteggiamento di ascolto di racconti tramandati, testi studiati o semplicemente di percezione istintiva delle proprie radici flegree e partenopee.
La profondità del mito
Il mito, nella poetica di Emma non è un semplice repertorio iconografico: è un respiro che torna. Riaffiorano figure come la Sibilla cumana, il mare, le presenze arcaiche del Mediterraneo descritte e proposte come il legame che unisce i popoli. Il mito diventa un prisma attraverso cui interrogare il presente e riconoscere ciò che ancora vibra di antico in noi: Nonostante la lontananza tra i popoli, le differenze culturali e linguistiche, la diffidenza e la paura, c'è una magia che ci unisce tutti: il mare. Il nostro Mediterraneo ci rende un solo popolo i cui destini incrociati sono e restano irrimediabilmente connessi. Così Emma Cianchi a proposito del lavoro Il mare che ci unisce in scena stasera in Fonderia a Reggio Emilia, sede della Compagnia di danza Aterballetto diretta da Gigi Cristoforetti, all'interno della rassegna Danza in Fonderia.
Il mare che ci unisce: un ecosistema poetico
Tra le creazioni di Emma Cianchi, Il mare che ci unisce appare appunto come un orizzonte visivo comune a tutti i popoli del Mediterraneo. Non è un semplice spettacolo, ma un territorio emotivo, una spiaggia, una sponda da cui emergono memorie collettive e ferite condivise. La produzione nasce come un canto rivolto al mare flegreo, a quei luoghi in cui storia e natura dialogano da millenni. Il mare, qui, non è metafora ma forza fondante: un respiro che connette, un ponte liquido che unisce popoli, destini, erranze, vite. Il Mediterraneo diventa matrice poetica e politica: uno spazio da cui deriviamo e a cui torniamo, che ci interroga, ci stimola, ci pone davanti ad interrogativi, ma anche a risposte. La coreografia si nutre di questa dimensione liminale, trasformando il viaggio in una condizione esistenziale, non in un semplice atto narrativo.
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L’arte di Emma Cianchi ci invita a riconoscere il corpo come archivio di infinite genealogie, lo spazio come custode di memorie sepolte, il mare come contenitore di identità condivise. Il mare che ci unisce emerge come uno dei suoi lavori più densi e vibranti: una liturgia del Mediterraneo, un canto alla comunità che siamo e a quella che potremmo diventare se solo ascoltassimo la primordiale, istintiva, passionale voce dello spirito.
crediti
coreografie Emma Cianchi
in scena Maria Anzivino, Tonia Laterza, Marianna Moccia, Martina Massaro
musiche originali Lino Cannavacciuolo
costumi Leandro Fabbri
set design Alessandro Sodano




