Lo Schiaccianoci: Anbeta Toromani, Alessandro Macario e il Corpo di Ballo del San Carlo

 Ieri sera ho potuto assistere alla prima serata in cui Anbeta Toromani e Alessandro Macario si sono esibiti ne lo Schiaccianoci, mentre la sera precedente per il debutto assoluto dello spettacolo in scena c'erano Giuseppe Picone e Marjia Kicevska.
La platea era gremita e tutt'intorno al mio posto parevano esserci soltanto stranieri: tedeschi, americani e giapponesi che, approfittando delle vacanze trascorse a Napoli, hanno assistito al grande balletto natalizio per antonomasia.
 L'atmosfera era magica e le scenografie strepitose ancor prima dell'apertura del sipario: una cornice natalizia abbracciava il proscenio fin sul soffitto e alcune proiezioni, sobrie e sfumate, ricreavano sul velluto gli scintillii della neve e della magia notturna che si sarebbe di lì a poco verificata.
I costumi di Giusi Giustino erano strepitosi, di una sartoria impeccabile e sapevano riprodurre fedelmente le atmosfere dei primi dell'800: dagli abiti rosso sgargiante delle dame invitate alla festa nel primo atto, fino a quelli minuziosamente curati nel dettaglio per il trio nella danza dei Mirlitoni.
Oltre ai costumi anche le scenografie, maestose e suggestive, sapevano rendere palpabile il passaggio dalla realtà al sogno, dalla fanciullezza della piccola Clara estasiata tra i regali, all'inizio di un grande amore: via l'albero, via i giochi, via le scale e i tendaggi e i bauli, per far posto prima alla neve e poi alla magnificenza del palazzo in festa.
L'interprete che per primo ha rubato un lungo e fragoroso applauso è stato senza dubbio Salvatore Manzo con il suo Arlecchino brillante e pulito nell'esecuzione e che ha scosso il pubblico fino a quel momento composto e silenzioso.
Nel secondo atto, quello dei divertissements, la danza Araba ha saputo essere fedele alla sua reputazione bicentenaria riuscendo nel sortilegio dell'ipnosi, tra movimenti ondulatori sensuali e fluidi, e una strepitosa capacità della solista di creare una sorta di rallenty del movimento che risultava quasi sovrannaturale nella sua morbidezza. La danza Cinese è quella che ho sempre preferito: ho un debole per la velocità e il ritmo serrato che danno all'esecuzione la capacità di togliere il fiato in chi guarda in attesa di un'esplosione di applausi, e così è stato!
Purtroppo non sono stata rapita, come di solito mi accade, dalla danza dei Fiocchi di Neve e dalla loro Regina che ho trovato quasi timida e insicura nel suo modo di darsi al pubblico, i Fiocchi poi, nella coda del walzer, si sono elegantemente armonizzati riuscendo a ricreare l'atmosfera che ci si aspettava.
Strepitosa la coppia dei solisti Anbeta Toromani e Alessandro Macario tanto nei pas des deux che negli assoli: lui tecnicamente preciso e fiero nel suo modo di tenere il palcoscenisco, lei forte e pure morbida allo stesso tempo, tesa nell'espressione del viso nel secondo atto, ma sorprendetemente sicura e tenace soprattutto nell'esecuzione del manège (anche se dal punto di vista della scelta coreografica qualcosa nell'assolo della Fata dei Confetti non mi ha convinta: si tratta di un saltino in seconda posizione ripetuto più volte su un accento secondario...dettaglio infinitesimale rispetto a tutto il resto).
Nel complesso mi è piaciuto molto: un allestimento meravigliosamente riuscito quello della direttrice del Corpo di Ballo Alessandra Panzavolta!



Post popolari in questo blog

FEEL MY DANCE - al Teatro Viganò di Roma il 24 marzo

“Assolo”: performance di Luca Sivelli all’Accademia di Belle Arti di Catanzaro

Harry di Prisco nominato Vice Chargé de Presse